Politica
Roma, Grand Hotel 5 Stelle: Virginia Raggi ha già perso 13 'pezzi'
Virginia Raggi dal suo insediamento ha già perso 13 uomini. Più che una "casa di vetro" il Campidoglio sembra un hotel
L’amministrazione Raggi, fin dal suo insediamento nel giugno 2016, più che una “casa di vetro” è stata un albergo dai soggiorni movimentati e dalle numerosissime defezioni.
Il primo in ordine di tempo a lasciare è Andrea Lo Cicero, ex campione di Rugby e volto di Sky. Lo Cicero viene annunciato in pompa magna prima dell’insediamento della giunta come assessore allo sport. Ma ancor prima del giuramento della Raggi, viene subito messo alla porta – forse pagando una frase scomoda sui “frocetti” e i paraspalle – e si vede soffiare la delega allo sport da Daniele Frongia.
Dopo una torrida estate, a fine agosto l’albergo romano pentastellato registra un’ecatombe. Fanno le valigie in un sol colpo la capo di Gabinetto Carla Raineri, l’assessore al Bilancio Marcello Minenna, l’amministratore unico di Ama Alessandro Solidoro, l’amministratore dell’Atac Armando Brandolese e il direttore generale dell’Atac Marco Rettighieri. Un massacro che attira l’attenzione di tutta la stampa internazionale, la quale inizia a parlare di flop della giunta Raggi dopo mesi di idilliaco corteggiamento.
Nel settembre 2016, quattro giorni dopo dopo aver protocollato la sua nomina ad assessore al Bilancio, viene poi silurato l’ex magistrato Raffaele De Dominicis, poiché risulta indagato per abuso d’ufficio. Un’altra figuraccia mondiale che getta una ulteriore luce livida sulla presenza di correnti interne al M5s che ostacolerebbero il mandato pentastellato a Roma.
E per l’albergo Raggi non è aprile a rivelarsi il mese più crudele, bensì settembre, poiché poco dopo il siluramento di De Dominicis, è il Ragioniere Generale Stefano Ferrante a gettare la spugna, previa la consegna di una relazione di venti pagine che descrive la Capitale sull’orlo del default. Sono passati solo poco più di tre mesi dall’insediamento e siamo già a otto professionisti persi per strada.
In clima prenatalizio, a metà dicembre – dopo lunghi tira e molla e annunci ufficiosi di avvisi di garanzia e altrettante smentite – si dimette l’assessore all’Ambiente Paola Muraro, che si dichiara indagata. Ma è l’arresto di Raffaele Marra, braccio destro della sindaca Raggi che l’ha difeso fino quel momento a spada tratta, a sconquassare qualche giorno più tardi l’albergo romano come uno tsunami. Con Marra, la Raggi perde la persona più capace al suo fianco nonché colui che ha contribuito più di ogni altro a portarla al Campidoglio come sindaca. E con la defezione forzata di Marra, Beppe Grillo scende a Roma e impone a Virginia di allontanare il suo caposegreteria Salvatore Romeo e di ridimensionare il vicesindaco Daniele Frongia a semplice assessore allo Sport.
Con la disgregazione del “raggio magico”, Beppe Grillo commissaria de facto l’albergo romano e il fuggi fuggi sembra fermarsi. Ma è una pia illusione. A metà febbraio del 2017, in piena polemica sullo Stadio della Roma, è l’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini a doversi dimettere dopo alcune registrazioni shock rilasciate sulla sindaca e su Salvatore Romeo (avvistato redivivo qualche giorno fa come scorta della task force dell’assessore alle Partecipate Massimo Colomban, e quindi a tutti gli effetti ancora collaboratore della giunta di colei che l’avrebbe denunciato per la vicenda delle polizze, poiché forse “infiltrato” e passibile di “TSO”) rilasciate al quotidiano La Stampa. E siamo a dodici kaputt.
A metà marzo, mentre Roma è accarezzata da un’impaziente primavera, è Paolo Pace, presidente dell’Ottavo Municipio (lo stesso di Frongia e Romeo) vicino alla Raggi, a dare le dimissioni poiché inviso ai suoi stessi consiglieri che gli rimproverano di essere un “traditore” degli ideali del M5s e troppo sodale con i “palazzinari”. Soprannominato sarcasticamente “Marchese del Pace” o “Paolo Guerra”, l’ex presidente dell’Ottavo ha venti giorni per ritirare le dimissioni e per non diventare a tutti gli effetti il tredicesimo a lasciare definitivamente l’albergo romano, sempre più svalutato nelle guide internazionali. Un numero, il tredici, che porterebbe ulteriore sfortuna a un’amministrazione – e soprattutto a una città, la Capitale d’Italia – già disastrata.
Roma, Grand Hotel a 5 stelle. Gente che va, gente che viene. Lungi dall'essere una casa di vetro, l'albergo assomiglia sempre più a un porto di mare.
