Nella tragedia generale legata al nuovo ordine terapeutico, si segnala se non altro una notizia positiva: in tutta Italia, stanno esplodendo vere e proprie forme di contestazione organizzata contro la barbarie digitale della cosiddetta Dad, gelido acronimo che sta per didattica a distanza. Da Milano a Roma, da Torino a Napoli, l'Italia tutta si sta finalmente sollevando per reclamare a gran voce il diritto all'istruzione e alla didattica in presenza. Già questo, naturalmente, dovrebbe essere accolto come un fatto intrinsecamente positivo.
E lo è ancora di più, se si considera che i protagonisti delle proteste sono, in prima linea, i giovani, gli studenti, le vittime designate di questa nuova barbarie che viene presentata come necessità sistemica imposta dalla situazione emergenziale e che, invero, risponde a una precisa logica che da anni si va dispiegando. La logica in questione è quella che ho più volte chiamato della distruzione capitalistica della scuola: detto altrimenti, il potere, e segnatamente quello turbocapitalistico, non accetta la presenza di quella scuola e di quella formazione che, nel Novecento, avevano reso possibile l'educazione della popolazione, la maturazione in non rari casi di una coscienza critica e avevano altresì svolto il prezioso ruolo di ascensore sociale, come un tempo usava dire prima che si imponesse la nuova logica della sabbia mobile sociale, se così volessimo appellarla.
Come ho più volte sostenuto, il coronavirus e l'emergenza epidemiologica, quale che sia la loro reale genesi, sono stati da subito messi a frutto dal blocco oligarchico neoliberale per rinsaldare il proprio dominio e permettere appunto ulteriori conquiste nella incessante lotta di classe dall'alto che il gruppo dominante conduce senza trovare risposta dal basso: ancora una volta, la distruzione della scuola è un punto fermo del tableau de bord delle classi dominanti; l'emergenza epidemiologica, con annessa didattica a distanza e scomposizione in pixel dei volti e delle persone, rappresenta una imperdibile occasione per portare a compimento questa preordinata strategia di annientamento della scuola a beneficio dei gruppi dominanti.
Per fortuna, come ricordavo, gli studenti di tutta Italia si stanno ribellando. Ed è da sperare che lo facciano ininterrottamente e senza demordere, rivendicando il loro diritto all'istruzione, cioè alle basi culturali per una comprensione del mondo e della propria provenienza nonché per la maturazione di una coscienza critica che li renda cittadini consapevoli e non consumatori o, come sempre più sta accadendo, semplici sudditi del regime terapeutico.
Occorre dare piena solidarietà agli studenti in protesta, sperando fortemente che sempre più studenti si uniscano a questo movimento e che il potere non possa continuare a ignorarlo, seguitando nell'imporre la barbarie della didattica a distanza. La lotta è solo all'inizio, ma già il fatto che sia iniziata rappresenta un buon segnale, che deve essere accolto positivamente: di più, può forse, e solo il tempo ce lo potrà dire, costituire.
Il punto di inizio di una più generale rivolta contro l'infame regime terapeutico, leninianamente da intendersi come fase suprema di un capitalismo che ancora una volta assume un tono autoritario e repressivo. Speriamo davvero che sia la volta buona che il "socialismo" cessi di essere quel che è diventato, cioè presenza sui social, e torni a essere lotta reale per una società meno indegna, più a misura d'uomo.
Diego Fusaro (Torino 1983) insegna storia della filosofia presso lo IASSP di Milano (Istituto Alti Studi Strategici e Politici) ed è fondatore dell'associazione Interesse Nazionale (www.interessenazionale.net). Tra i suoi libri più fortunati, "Bentornato Marx!" (Bompiani 2009), "Il futuro è nostro" (Bompiani 2009), "Pensare altrimenti" (Einaudi 2017).
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