Vincenzo Scotti: "La lotta alla mafia mi costò la carriera". Videointervista - Affaritaliani.it

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Vincenzo Scotti: "La lotta alla mafia mi costò la carriera". Videointervista

Vincenzo Scotti, giù ministro del Lavoro e ministro dell'Interno ai tempi delle stragi di mafia nel '92, parla del periodo della cosiddetta "trattativa Stato mafia" in una videointervista del direttore di Affaritaliani.it, Angelo Maria Perrino.

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"Una parola credo la debba dire innanzitutto la giustizia", afferma Scotti riguardo alla trattativa. "Tocca a loro investigare per capire se ci sono delle prove di una trattativa tra Stato e mafia avvenuta per fermare le stragi. Alla politica e alla società spetta invece il compito di fare chiarezza sulle linee di contrasto alla mafia".

"Ci sono sempre state nella storia del nostro Paese due tendenze", dichiara Scotti. "Una che tende a convivere con la mafia circoscrivendone la forza e l'altra che pensa che quel fenomeno possa essere distrutto. Io penso che la mafia vada distrutta perché quel tipo di organizzazione criminale cerca di corrompere e indebolire lo Stato e le strutture pubbliche in genere. Tende con la violenza a dominare sulla società. Tutto questo va sradicato ma ci vuole una scelta complessiva in tal senso a livello locale e mondiale".

"E in quegli anni ci fu chi non volle farlo?", chiede il direttore Perrino. "Ci furono opinioni diverse", risponde Scotti. "Io e Martelli prendemmo delle misure molto dure ma c'era anche chi pensava che non si potesse rischiare di avere altre bombe. Io penso che invece il rischio andasse accettato e che la mafia venisse sconfitta a tutti i costi".

"Ho parlato più volte coi pm", continua Scotti. "Fin quando ci siamo stati io e Martelli ci siamo rifiutati di operare qualsiasi attenuazione nelle misure contro la mafia. Dopo la morte di Falcone con un governo dimissionario abbiamo comunque adottato un decreto legge che introdusse il carcere duro. Pensammo di dover dare un segno, ci voleva una risposta forte da parte dello Stato per far vedere che non saremmo indietreggiati".

Il dubbio è che dopo Scotti e Martelli non sia proseguita la stessa azione contraria alla mafia. "Non ci sono più stato dopo, non posso dirlo", spiega Scotti. "L'ultimo atto che ho fatto da ministro dell'Interno fu quello di riunire carabinieri e polizia e assegnare a ciascuno un gruppo di latitanti. Lo Stato non può consentire di essere visto impotente dai cittadini di fronte alla mafia".

Scotti non ha mai parlato della fine della sua carriera politica, ma stavolta alle domande del direttore di Affari rivela che in effetti il suo atteggiamento nei riguardi di Cosa Nostra possa essergli anche costato la carriera. "Ci credo abbastanza, credo di sì", confessa Scotti. "Quando mi sono dimesso dagli Esteri comunque ho deciso di lasciare e dedicarmi alla formazione dei giovani e all'università".

La conclusione, amara, è sulla politica di oggi: "Rimpiango molto la perdita di peso e l'incisività della nostra politica. Al giorno d'oggi troppi poteri non democratici governano il mondo. Come stiamo vedendo in questi giorni la Finanza domina l'Europa. La politica non c'è più".