Lavoro, Deaglio ad Affaritaliani.it: "Il 2015? L' anno delle piazze vuote" - Affaritaliani.it

Economia

Lavoro, Deaglio ad Affaritaliani.it: "Il 2015? L' anno delle piazze vuote"

di Andrea Deugeni
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@andreadeugeni

Arrivati al termine del 2015, un anno che con il rialzo dei tassi d'interesse da parte della Federal Reserve, dopo ben sei anni di denaro a costo zero, segna negli Stati Uniti la fine della lunga crisi scoppiata con la bolla dei mutui subprime, è tempo di bilanci. Che anno è stato, cioè, quello che sta per concludersi e, soprattutto, quali sono stati gli avvenimenti che dal punto di vista economico rimarranno scolpiti nella nostra mente ripercorrendo gli ultimi 12 mesi?

"Non vedo, nel complesso, dei fatti precisi, quanto piuttosto delle tendenze", spiega ad Affaritaliani.it Mario Deaglio (nella foto sotto), uno degli economisti più noti del nostro Paese che negli ultimi anni ha dedicato molta parte del suo lavoro alle ricerche sugli effetti della globalizzazione. "Come primo trend, ricorderei quest'anno come quello in cui il prezzo del barile di petrolio ha continuato la sua corsa verso il basso, passando dai circa 60 dollari di gennaio all'abbattimento della soglia dei 35 di questi giorni (la scorsa settimana il Wti è andato sotto i 34 dollari al barile, un nuovo minimo da sette anni, mentre il Brent sta viaggiando ai minimi da 11 anni, ndr)", dice Deaglio. "Un trend - prosegue - che dal punto di vista geopolitico comporta una serie di profonde implicazioni, soprattutto in Medio Oriente".

"La seconda grande tendenza dell'anno - aggiunge poi l'economista torinese - è stato il rallentamento della Cina. Tassi di crescita del Pil che da due cifre sono planati verso un più basso 7%". Una nuova normalità che per Deaglio, a differenza di quanto raccontato qui da noi, "comporta più effetti degli negativi in Asia che non per il lontano Occidente. Basta pensare al Giappone e alle numerose economie del Sudest asiatico confinanti con Pechino".   

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Senza dare poi troppo peso allo scoppio della bolla cinese dei listini di Shangai e di Shenzen, shock che ad agosto ha terremotato tutte le piazze finanziarie del mondo, "la terza grande tendenza di quest'anno è stata la volatilità che più o meno, per tutti i 12 mesi dell'anno, ha caratterizzato   gli scambi di Borsa. Soprattutto, le contrattazioni sui mercati europei. Basta pensare anche ai tonfi delle ultime sedute di Wall Street".

"A causa dell'ulteriore crollo del greggio dopo il mancato accordo in seno all'Opec nell'ultimo vertice di dicembre e dell'incertezza degli operatori finanziari sulle mosse della Federal Reserve, la scorsa settimana la Borsa americana ha perso il 2%. Non poco", sottolinea Deaglio. Che ricorda: "Il Dow Jones è sotto i 18 mila punti, un livello comunque basso e che fino ad ora, rispetto al 2014, ha lasciato sul terreno qualche punto percentuale". Un trend che, soprattutto negli States, è stato lo specchio di un mercato ingessato tutto l'anno.

Cercando di guardare il mondo dall'alto, questo è quanto ha caratterizzato l'anno, fuori dai confini nazionali. E se restringessimo il focus sull'Italia, cosa segnarsi sul taccuino? "Anche per il nostro Paese - spiega Deaglio - piuttosto che dei fatti economici ben precisi, rileverei alcune tendenze". In primis, "c'è una lieve ripresa economica e della produzione industriale, dovute più al rafforzamento della domanda interna che al tradizionale traino dell'export verso i partner commerciali dell'Italia". Un trend quasi paradossale considerando il progressivo indebolimento dell'euro sul dollaro, cambio che secondo molte banche d'affari nel corso del prossimo anno sfonderà la parità valutaria.

Secondo l'economista torinese, all'interno della macro categoria ripresa della domanda interna, "c'è poi da registrare anche la ripartenza del mercato immobiliare, un settore molto importante per l'economia italiana, con le compravendite che sono tornate a salire grazie al fatto che le banche hanno ripreso ad erogare mutui", impiegando finalmente quell'eccesso di liquidità di cui, grazie alla politica monetaria iper-espansiva della Bce, hanno piene le casse.

L'ultima tendenza che Deaglio rileva per il nostro Paese "è la crisi del modello sindacale tradizionale", crisi che ha avuto come indicatore "l'incapacità delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori a riempire le piazze e di strutturare una forte protesta". L'economista la legge come "la naturale conseguenza di una profonda trasformazione che sta vivendo il mondo del lavoro, dove la vecchia fabbrica e lo stabilimento  hanno ormai perso centralità e l'occupazione si struttura sempre di più verso forme atipiche, come il lavoro da casa o il co-working". "Non dobbiamo stupirci - conclude l'economista - se poi la ripresa è jobless e se, descrivendo la situazione italiana, si parla di una jobless recovery, ovvero di una ripartenza economica senza una forte creazione di nuovi posti di lavoro". Dopo tutto, come ha recentemente spiegato anche il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, fra 20 anni, soprattutto per l'impatto della tecnologia, "spariranno certe mansioni e se ne creerano delle nuove".