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Esteri
Erdogan cattura il capo Isis: in pugno il destino della Nato e dell'occidente

L'arresto del nuovo leader dell'Isis dà più potere negoziale a Erdogan con Nato, Usa e occidente

Il destino dell'occidente e della Nato è nelle mani della Turchia. Può sembrare un'esagerazione, ma forse non lo è. Il no di Ankara all'ingresso di Svezia e Finlandia nell'Alleanza Atlantica non ha conseguenze solo formali e organizzative, ma simboliche e pratiche. Il no a Helsinki e Stoccolma sarebbe un assist clamoroso a Vladimir Putin, ma anche alla Cina che osserva da lontano quello che accade in Ucraina per saggiare l'unità occidentali di fronte a ipotetiche mosse militari in Asia-Pacifico, con Taiwan al centro dei pensieri.

Ma intanto un assist, questo già certo, è arrivato a Recep Tayyip Erdogan, che con il no ai due paesi scandinavi punta di ottenere in cambio qualcosa di importante da Stati Uniti ed Europa. Come già avvenuto durante la crisi dei migranti del 2016, quando ricevette da Bruxelles una somma mastodontica per tenere sotto controllo i suoi confini. 

L'assist in questione è l'arresto del nuovo leader dell'Isis Abu Hassan al-Hashimi al-Qurayshi al termine di un'operazione che ha avuto luogo a Istanbul e resa possibile dal lavoro dei servizi segreti di Ankara. A riportare la notizia l'emittente turca OdaTv, secondo cui l'operazione è avvenuta in gran segreto, giungendo all'arresto di un "esponente di spicco" dello Stato Islamico la cui identità è stata poi rivelata dall'agenzia Bloomberg dopo conferma ottenuta da funzionari di Ankara.

Non a caso proprio Erdogan in persona si presenterà a fornire informazioni più dettagliate sull'operazione nei prossimi giorni, considerando che si tratta di un duro colpo al terrorismo che il presidente potrà far valere sia sul piano internazionale che su quello interno, il dibattito sulle prossime elezioni del 2023 è infatti già caldo.  Abu Hassan al-Hashimi al-Qurayshi era stato indicato come il successore alla testa dell'Isis dopo la morte di Abu Ibrahim al-Hasimi al-Qurayshi avvenuto lo scorso 3 febbraio nel nord della Siria, non lontano dal confine turco e da dove nell'ottobre del 2019 fu ucciso il primo capo dell'Isis Abu Bakir Al-Baghdadi, che annunciò la fondazione del califfato e dello stato Islamico. 

Turchia decisiva per i negoziati Russia-Ucraina e il flusso di grano dai porti

Si tratta di un altro tema che Erdogan farà pesare nel suo dialogo con l'occidente. Ma che cosa vuole il sultano? Può chiedere in cambio molto, visto che proprio dalla Turchia passa non solo il negoziato diplomatico sulla guerra in Ucraina, ma anche la possibilità di sbloccare il flusso di grano al momento fermo nei porti del mar Nero. Chiaro che dopo l'arresto del leader dell'Isis il potere negoziale di Erdogan aumenta ancora.

Erdogan sembra utilizzare il ruolo di mediatore della Turchia nella guerra in Ucraina e la sua capacità di porre il veto a nuovi membri della Nato come un'opportunità per esternare una serie di rimostranze e per costringere le altre nazioni ad agire contro i gruppi che il governo turco considera terroristi, compresi i militanti curdi. Amplificare la sua immagine di uomo forte concentrandosi sulle controversie internazionali potrebbe anche avere una risonanza interna, dato che la Turchia si sta preparando per le elezioni generali del prossimo anno.

Nel minacciare di bloccare l'ingresso delle due nazioni nordiche nell'alleanza militare occidentale, il governo turco vuole anche che esse pongano fine al loro presunto sostegno alle Unità di Protezione del Popolo, o YPG, una milizia curda siriana. Il PKK è considerato un'organizzazione terroristica in Turchia, Europa e Stati Uniti. Dal 1984 conduce un'insurrezione armata contro lo Stato turco e il conflitto ha ucciso decine di migliaia di persone. La Turchia sostiene che il PKK e l'YPG sono la stessa cosa. 

Erdogan ne approfitta per attaccare i curdi in Siria

La Turchia chiede l'estradizione di sospetti terroristi ricercati da Finlandia e Svezia. I due paesi candidati alla Nato respingono le accuse di sostenere il PKK o altri gruppi terroristici. Un'altra richiesta fondamentale è la revoca delle restrizioni alla vendita di armi che diversi Paesi europei, tra cui Svezia e Finlandia, hanno imposto alla Turchia in seguito all'incursione del 2019 in Siria per agire contro l'YPG.

Non a caso, proprio ora Erdogan prepara una nuova offensiva turca nel nord della Siria per creare una zona di sicurezza profonda 30 chilometri lungo il confine meridionale. L'obiettivo, da tempo dichiarato, sarebbe quello di allontanare le milizie dell'YPG dai confini della Turchia. La tempistica suggerisce che un'offensiva di questo tipo potrebbe essere usata per radunare gli elettori nazionalisti, fornendo allo stesso tempo una via per lo slancio creato dal ruolo della Turchia come mediatore nella guerra tra Russia e Ucraina per favorire le richieste di Ankara nei negoziati della Nato.

Il destino dell'occidente è nelle mani del sultano.

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