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Guerra Israele-Gaza, Hamas e gli abusi contro i palestinesi: ecco come il circolo vizioso della violenza alimenta le divisioni. Analisi
Hamas, gli abusi contro i palestinesi e la violenza come arma di propaganda: l’analisi di uno dei lati meno raccontati del conflitto

Guerra Israele-Gaza: l'analisi del Direttore esecutivo dell'Istituto Milton Friedman Alessandro Bertoldi, sul gruppo militante che governa la Striscia dal 2007
Hamas, il gruppo militante che governa la Striscia di Gaza dal 2007, quando ha strappato il controllo a Fatah con la forza, finisce sempre sotto i riflettori per il suo scontro con Israele. Ma c’è un lato meno raccontato: gli abusi che commette contro la sua stessa gente. Organizzazioni come Human Rights Watch e Amnesty International hanno raccolto prove di torture, uccisioni sommarie, arresti senza motivo e repressione del dissenso. Queste azioni, giustificate spesso come misure per la sicurezza o contro i “collaborazionisti” con Israele, creano un’atmosfera di paura che divide i palestinesi e alimenta un circolo vizioso di violenza. Hamas nega molte di queste accuse o le presenta come passi necessari, ma le testimonianze e i rapporti indipendenti disegnano un quadro preoccupante.
Uno dei problemi più gravi è l’uso di esecuzioni sommarie contro palestinesi sospettati di collaborare con Israele. Durante il conflitto del 2014, chiamato Operazione Protective Edge, le forze di Hamas hanno condotto una campagna violenta di sequestri, torture e omicidi illegali contro chi era accusato di tradimento. Amnesty International, che ha dialogato con Hamas, ha documentato decine di casi di esecuzioni extragiudiziali, spesso senza un vero processo e con confessioni strappate sotto tortura. Nel loro rapporto “Strangling Necks”, descrivono come uomini mascherati di Hamas trascinassero le vittime dalle case, le torturassero in luoghi nascosti e le giustiziassero in pubblico per spaventare gli altri.
Queste pratiche non si sono fermate. Nel 2016, Human Rights Watch ha riportato la morte di un detenuto palestinese sotto tortura nelle prigioni di Hamas, con la famiglia che ha ricevuto un messaggio dal fratello in cui ammetteva confessioni inventate. Amnesty ha criticato le condanne a morte nei tribunali di Gaza, basate su processi ingiusti e confessioni forzate, con esecuzioni pubbliche che violano il diritto internazionale. Dal 2007, decine di palestinesi sono stati giustiziati per accuse di spionaggio o reati politici, e Human Rights Watch descrive il sistema giudiziario jihadista di Gaza come infestato da torture e pressioni.
La tortura è diventata routine nelle detenzioni di Hamas. Human Rights Watch ha raccolto centinaia di casi in cui oppositori politici, giornalisti e attivisti vengono arrestati senza motivo e sottoposti a trattamenti crudeli, come pestaggi, scariche elettriche e posizioni forzate che causano dolore prolungato. Nel rapporto del 2018 “Two Authorities, One Way, Zero Dissent”, paragonano questi abusi a quelli dell’Autorità Palestinese in Cisgiordania, notando come entrambi usino la violenza per zittire le critiche. Un caso tipico è la detenzione di membri di Fatah, il partito rivale, torturati per strappare informazioni o punire le loro affiliazioni.
Dal colpo di stato del 2007, quando Hamas ha cacciato Fatah da Gaza, le sue forze di sicurezza hanno fatto irruzioni contro sospetti oppositori, inclusi attivisti per i diritti umani e manifestanti. Queste detenzioni portano spesso a morti sospette, con famiglie che denunciano segni di tortura sui corpi. Amnesty le ha chiamate una “campagna di vendetta letale” contro presunti collaborazionisti e critici interni.
Hamas tiene un controllo stretto sulla società di Gaza, soffocando proteste e libertà di espressione, punendo secondo i dettami della sharia l’omosessualità e l’adulterio, per cui non è esclusa la pena di morte, come in Iran. Nel 2019, durante manifestazioni per il costo della vita, le forze di Hamas hanno usato la violenza per disperdere la folla, arrestando e torturando attivisti. Più di recente, nel 2025, migliaia di palestinesi hanno marciato contro Hamas nelle rovine del nord di Gaza, urlando slogan come “Fuori Hamas!” e accusandolo di corruzione e pessima gestione della guerra e degli aiuti umanitari. Queste proteste, seppur rare per i timori delle conseguenze, mostrano un malcontento in crescita, ma Hamas ha risposto con repressione, accusando i manifestanti di essere influenzati da Israele.
Giornalisti e attivisti sui social sono particolarmente esposti. Hanno documentato intimidazioni, arresti e abusi per post critici su piattaforme come Facebook o X, creando un clima di autocensura. La corruzione interna di Hamas peggiora le cose: si parla di deviazione di aiuti umanitari, con palestinesi che vedono il gruppo più come un regime oppressivo che come un liberatore, al contrario di quanto fanno credere alcuni in Occidente. I leader di Hamas, come Ismail Haniyeh e Khaled Meshaal, sono accusati di aver accumulato fortune enormi, stimati in centinaia di milioni o miliardi di dollari, attraverso tasse, contrabbando e corruzione, mentre la popolazione soffre, fino alla loro eliminazione vivevano a Doha. Hamas respinge queste accuse, sostenendo che le sue risorse servono alla resistenza e che le critiche sono propaganda israeliana, ma i patrimoni sono in conti off shore intestati personalmente agli stessi leader.
Nei conflitti con Israele, Hamas utilizza abitualmente i civili palestinesi come scudi umani, lanciando razzi da zone abitate e aumentando i rischi per la gente locale, impedendo spesso agli stessi di scappare quando l’Israel Defence Forces avvisa i civili di attacchi imminenti. Nascondo armi e ingressi di tunnel sotto ospedali, asili e altri edifici di utilità pubblica. Alcuni leader sono stati intercettati a dire che un alto numero di vittime civili aiuta nella “guerra dei numeri” per guadagnare empatia internazionale. Ma gli abusi interni vanno oltre la guerra: Hamas giustifica la violenza contro dissidenti come anti-collaborazione, anche se le vittime includono spesso minori, innocenti o rivali politici.
Dal punto di vista dei palestinesi, molti vedono Hamas come un ostacolo alla pace e allo sviluppo. Sondaggi mostrano frustrazione per il suo governo autoritario, la corruzione e la priorità data alla lotta armata invece che al benessere civile. Miliardi di dollari in aiuti negli ultimi dieci anni sono stati dirottati per armi e tunnel, una rete di oltre 500 km in un territorio lungo solo 40 km. Media come Al Jazeera, vicini a Qatar e con legami con Hamas, hanno evidenziato questi problemi come parte di un sistema “rotto” che favorisce le élite dei miliziani. Tuttavia, alcuni palestinesi supportano ancora Hamas per la sua guerra contro gli israeliani, con sondaggi che indicano una netta spaccatura dell’opinione pubblica.
Nel 2025, con la guerra che continua, emergono nuove accuse: Hamas contribuirebbe alla crisi umanitaria, inclusa la fame diffusa. Israele è criticato per le restrizioni sugli aiuti, ma fonti indicano che Hamas devia risorse per scopi militari o economici, peggiorando la sofferenza per fini propagandistici. L’esercito israeliano sostiene che fino al 25% degli aiuti viene deviato o venduto al mercato nero. Circolano video che mostrano charities legate a Hamas che fingono distribuzioni di cibo a bambini affamati, salvo riprenderlo dopo le riprese e ripetere la stessa scena con altri bimbi. Clip su TikTok e Instagram ritraggono una bambina “affamata” in un video con #Stopthefamine, che in altri video mangia normalmente e addirittura cucina per i suoi followers. Alcune immagini di bambini malnutriti non corrispondono al contesto di Gaza o mostrano patologie diverse, come una foto usata da Giuseppe Conte per attaccare il Governo italiano, che ritrae un bimbo con fibrosi cistica ora in cura in Italia. Questa situazione rafforza le richieste di rimuovere Hamas dal potere, con proposte di un processo di “deradicalizzazione” simile a quello post-bellico in Europa.
Mentre il mondo guarda al conflitto israelo-palestinese e ai presunti crimini dell’IDF, riconoscere questi abusi è la chiave per spezzare il ciclo di violenza, poiché é proprio Hamas che riporta nel suo Statuto l’obiettivo di distruggere Israele e con il 7 ottobre ha dimostrato di volerlo perseguire a qualsiasi costo, con il sostegno di Iran e Yemen. Organizzazioni internazionali chiedono indagini indipendenti e fine all’impunità, ricordando che una vera liberazione palestinese richiede rispetto dei diritti umani da parte di tutti. Solo con un approccio equilibrato, che includa la sconfitta del terrorismo jihadista e una governance responsabile, si può sperare nella pace e nella sicurezza per i palestinesi, come per gli israeliani.