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Politica
Body shaming sulla Meloni. I soliti di Repubblica
Giorgia Meloni (Lapresse)

È iniziata la campagna elettorale del giornale radical chic

 

Oggi in prima pagina di Repubblica è stata sbattuta Giorgia Meloni che campeggia in una posa particolare: il dito indice della mano sinistra alzato, la bocca spalancata sul microfono, gli occhi espansi.

GUARDA LA PRIMA PAGINA DI REPUBBLICA CHE FA TANTO DISCUTERE

Si tratta di una immagine tratta da qualche comizio e la fotografia, come noto, è l’arte non tanto di mostrare banalmente la realtà, ma addirittura di crearla e ricrearla tramite sapienti tagli, omissioni, immissioni, mai accidentali.

Si sa che qualsiasi soggetto, fosse anche l’Arcangelo Michele, può essere mostrato con un particolare taglio di luce che ne scolpisce fattezze metalliche non autentiche, inesistenti rughe metafisiche, pennellate esoteriche, una pupilla destra con neo.

Che cosa pensi della prima pagina di Repubblica, è body shaming o no? VOTA IL SONDAGGIO DI AFFARITALIANI.IT

Il tutto con un fine deliberato, uno scopo. Una delle regole non scritte del giornalismo, ma che in tempi di barbarie come l’attuale si è persa, sarebbe quella di non utilizzare immagini inappropriate per mettere in cattiva luce –è il caso di dirlo- un soggetto, chiunque esso sia.

Nel caso della Meloni la scelta è stata chiaramente intenzionale al fine di fornire il ritratto di una persona irata, scalmanata, inaffidabile, non degna di governare, figurarsi di fare la prima presidente del Consiglio donna.

È iniziata la campagna elettorale di Repubblica.

Il giornale radical chic fondato da Eugenio Scalfari, peraltro bigamo (per restare sul tema della coerenza valoriale), è stato e in parte ancora è, un partito politico, il cosiddetto “Partito di Repubblica”, che ha condizionato la vita democratica del Paese.

Ezio Mauro ne prese la guida quando “Barbapapà” Scalfari si dimise e sotto di lui il giornale divenne più fazioso e inacidito contro il mondo del capitalismo dimenticando, guarda caso, che proprio Carlo De Benedetti e cioè il massimo del capitalismo italiano, era l’editore.

Poi ci fu la vendita agli Agnelli nelle fattezze del presidente John Elkann, ed arrivò Maurizio Molinari da La Stampa.

Già il fatto che Molinari assunse la carica proprio all’inizio della pandemia nel 2020 fu visto di cattivo auspicio e in effetti quando compare in Tv la sua faccia triste e rugata la gente fa gli scongiuri.

Sotto di lui, cioè gli Agnelli, Repubblica ha perso il pelo ma non il vizio. Giornale intollerante ed ipocrita, ha dimora negli attici dell’Alta Borghesia, predica bene e razzola male, anzi malissimo.

E qui torniamo alla Meloni. Non è forse la covata di Repubblica, le sue vetero – femministe degli anni ’70, che porta avanti tutte le battaglia faziose tipo Me Too e il body shaming?

Ebbene sì.

Tuttavia mentre se si tocca per l’aspetto fisico una femmina di sinistra viene giù il mondo con quelle di destra si può fare tranquillamente carne da macello.

Ricordate quando la spiritata Asia Argento -tenebrosa vippetta di sinistra- diede della lardosa alla Meloni incinta?

Allora l’intellighenzia progressista e Repubblica fece finta di niente. Ragazzate, esagerazione di artisti si disse.

Ora Molinari ci ricasca con la foto - ritratto body shaming proprio sulla leader di Fratelli d’Italia.

È partita la campagna elettorale, lo ribadiamo. Ma almeno che qualcuno ricordi a Molinari che non c’è un body shaming per la sinistra e uno per la destra. Se ci deve essere una misura da rispettare sia indipendente dalla colorazione politica, ma la legge valga per tutti. Anche per i puri. Anche per Repubblica.

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