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Politica
Dialogo con molti stop e pochi go. L’unità nazionale stenta a decollare
LaPresse

Il governo è sempre più alle prese con l’incomunicabilità. Un giorno sembra aprirsi uno spiraglio di dialogo con le opposizioni e il giorno dopo si innalzano nuovi muri. Quasi della serie “Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate”, perché se non è un girone dantesco poco ci manca. Non solo, ma se di lunedì si respira un’aria più serena con le minoranze, di martedì, cambiando location, il confronto si fa impervio con le Regioni. Su questo piano istituzionale, a onore del vero, la collaborazione prosegue, sì, ma i distinguo e le distanze pure. Ed il parere inviato ieri sera all’esecutivo sull’ultimo Dpcm ne è la prova. Insomma, di questi tempi sul fronte politico non c’è pace. Proprio quest’ultimo decreto del presidente del Consiglio dei ministri, paradossalmente, ha finito con lo scoperchiare il vaso di Pandora. Nonostante due giorni fa, l’accoglimento di alcune proposte del centrodestra, nella votazione alla Camera e al Senato sulle risoluzioni dopo le comunicazioni del premier, sembrasse invece, aver aperto uno spiraglio e facesse ben sperare. Le cose, però, non stanno esattamente così. E' vero che si è trattato di una prova d’intesa andata in qualche modo a buon fine, ma è altrettanto vero che subito dopo, come nel classico gioco dell’oca, ognuno è tornato a irrigidirsi sulle proprie posizioni. La morale è sempre la stessa: le opposizioni rispediscono al mittente, bollandoli come “tardivi”, gli ultimi tentativi di coinvolgimento messi in atto o annunciati dall’esecutivo.

Una situazione talmente a rischio impasse da essere “attenzionata” sul Colle più alto. I richiami ad uno spirito unitario e alla collaborazione da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sono stati già diversi in queste settimane. Non solo, ma il capo dello Stato ha anche tenuto colloqui riservati in streaming con i vertici della conferenza Stato-Regioni e, appena ieri, pure con i presidenti delle Camere Roberto Fico ed Elisabetta Casellati. Con l’intento di porre al centro dell’attenzione la necessità, sempre meno rinviabile, di favorire un dialogo tra maggioranza ed opposizione. Una strada che tuttavia rimane in salita. E così il confronto procede a singhiozzo, tra stop and go. Più stop, in realtà, che passi avanti. Basti pensare alla cabina di regia con le minoranze che il premier Conte continua a proporre, anche in Aula due giorni fa, senza trovare sponde tra i banchi della minoranza. Una mano tesa che, evidentemente, non basta a Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Per i tre alleati, infatti, se un ravvedimento c’è stato è comunque fuori tempo. Il centrodestra continua a ripetere come un mantra che “l'unica sede nella quale discutere è il Parlamento della Repubblica italiana”. Tertium non datur, insomma. 

Il Parlamento appunto. E’ qui che si sta cercando in queste ore di individuare un percorso che possa spianare la strada a una reale collaborazione. Ed è per questo che si ritorna a parlare di una commissione bicamerale, ipotesi già messa sul tavolo per il Recovery fund, in vista del piano delle riforme da presentare in Europa, ma poi accantonata. Ma non è l’unica proposta in campo in questo momento. Un’altra idea allo studio potrebbe essere, per esempio, quella di più frequenti convocazioni della conferenza dei capigruppo, ma stavolta congiunte tra Camera e Senato. “Di tempo se n’è già perso abbastanza - tagliano corto da Fratelli d’Italia -. Inutile perderne dell’altro, inseguendo commissioni bicamerali o altri organismi. C’è il Parlamento che è il luogo per eccellenza della collaborazione. Punto”. Interpellato da Affaritaliani, il presidente dei deputati della Lega Riccardo Molinari, si limita a dire: “Noi sappiamo che il presidente Fico sta elaborando una proposta. Per esprimerci aspettiamo prima di capire quale sarà. Certo è che - ha aggiunto - la capigruppo già c’è. Va bene, eventualmente, estenderla anche al Senato. Può essere una cosa utile, ma non risolve il problema della condivisione delle scelte”.

Il peccato originale che insomma il governo non riesce a espiare rimane il mancato coinvolgimento delle minoranze. Una sorta di lettera scarlatta che non più tardi di ieri sera faceva dire al leader di FdI Giorgia Meloni, ospite della trasmissione “Fuori dal coro: “La nostra disponibilità è testimoniata da mesi di proposte depositate da noi e cestinate dalla maggioranza”. E poi ancora: “Un giorno la storia dirà chi è stato davvero collaborativo per il bene dell’Italia”. Ma allora le prove d’intesa registrate lunedì in Aula sia alla Camera che al Senato? “Sicuramente - ha sottolineato il capogruppo della Lega a Montecitorio -, il nuovo metodo di lunedì è apprezzabile perché si è potuto votare prima sulle misure restrittive e, quindi, c’è stato un elemento di chiarezza e trasparenza nei confronti del Paese. E poi il confronto è avvenuto nella sede opportuna e cioè il Parlamento”. Tuttavia non basta: pure in casa Lega infatti, prevale una sola convinzione: “Questo invito tardivo alla solidarietà sembra più che altro una chiamata alla corresponsabilità per misure ed errori commessi dal governo”.

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