Politica
Musumeci: "Prevenzione nelle scuole, ZES unica e Ponte sullo Stretto: il Sud è la nuova locomotiva d’Italia"
L'intervista di Affaritaliani.it al ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare. Musumeci: "Sono meridionale, non meridionalista"

Il ministro Nello Musumeci ad Affaritaliani.it: "Sono meridionale, non meridionalista
Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, si professa meridionale convinto, ma non meridionalista. Un politico che, molto alle parole ha sempre preferito i fatti. Crede fermamente nell’educazione nelle scuole primarie alla legalità e all’impegno civico.
Nel 2013, come presidente della Commissione antimafia del Parlamento siciliano, chiede l’istituzione dell’ora della legalità per educare al rispetto delle regole di convivenza i giovanissimi. Adesso che è ministro per la protezione civile vorrebbe che anche la cultura della prevenzione fosse insegnata fin dalle scuole primarie.
“L’Italia è bravissima nelle situazioni di emergenza. La nostra protezione civile è invidiata in tutto il mondo. Ma siamo molto meno attenti alla prevenzione, che è diventata ormai fondamentale per far fronte alla fragilità del nostro Paese. Il governo Meloni ha messo finalmente la prevenzione al centro della sua politica”, dice mostrando la copia del suo ultimo libro-intervista con Giuseppe Caporale “Gli Italiani e i rischi naturali”, una sorta di “apologia della prevenzione”.
In questo breve compendio, il ministro segue la lezione di Giuseppe Zamberletti, considerato il fondatore della moderna Protezione Civile, quando diceva che “la vera funzione della Protezione civile non è arrivare in fretta col soccorso e tirar fuori dalle macerie la gente. Ma far sì che le macerie non finiscano sulla gente”.
D’altra parte, le parole del ministro sono confermate anche dal report del Climate Risk Index 2025 di Germanwatch, che pone l’Italia al primo posto in Europa per danni causati da eventi climatici estremi negli ultimi trent’anni. Frane, alluvioni, incendi e ondate di calore hanno provocato oltre 38.000 vittime e generato perdite economiche per 60 miliardi di dollari, collocando l’Italia tra i più esposti al mondo.
Lei non pensa che alcuni provvedimenti contenuti nel Green deal europeo, incidano negativamente sulle regole della buona prevenzione? Mi riferisco per esempio alla legge sul riordino della natura che prevede tra le altre cose di lasciare i campi incolti, togliere gli argini ai fiumi e ripristinare le paludi?
La politica ambientalista in Europa dovrebbe trovare il giusto equilibrio tra due esigenze apparentemente contrastanti: gli interessi dei cittadini e la sostenibilità ambientale, che deve essere anche sociale ed economica.
Molto spesso la politica subisce la pressione irragionevole di un certo ambientalismo integralista. Noi, come centro-destra, ci stiamo battendo, a partire da Fratelli d'Italia, per un approccio alla tutela dell'ambiente molto più pragmatico e molto meno ideologizzato. Questo governo ha fatto approvare il Piano per l’adattamento al cambiamento climatico, di cui si parlava dal 2016. Ad appena un anno dall'insediamento, il Piano era già pubblicato e adesso dovrà essere applicato in tutte le sue parti.
Cambiamo argomento ministro e parliamo del suo Sud che, mai come ora, sta stupendo un po' tutti, considerando come da qualche anno sia diventata la locomotiva economica del Paese. Secondo lei quanto hanno influito le politiche del governo su questo sviluppo, e penso particolarmente alla decisione di creare una Zes unica per tutto il Mezzogiorno?
Noi abbiamo sempre creduto che il Sud avesse tutte le potenzialità per crescere e sviluppare un'economia compatibile con le sue vocazioni, con la sua collocazione e con la sua cultura. Elementi di stimolo dello sviluppo di cui parliamo ritengo siano essenzialmente due: da una parte il PNRR e dall’altra la ZES, che dopo la sua riforma ha consentito procedure più snelle e facilitato il rapporto con gli investitori, sia per imprese già esistenti sia nuovi insediamenti insediamenti.
La cultura meridionalista, rassegnata, piagnona, di denuncia ma non di proposta, ha ingessato ogni potenzialità per oltre 150 anni. Da meridionale sostengo che il sud debba guardare soprattutto al suo sud. E non è un gioco di parole. La partita si gioca nel Mediterraneo, in un rapporto nuovo, concreto con i paesi bagnati da questo Mare, che oserei definire un grande lago, se penso che occupa soltanto poco più dell'1 % della superficie del mare del pianeta.
Eppure, da qui passa il 20% del movimento merci del mondo. E in questo contesto, il Piano Mattei può diventare lo strumento per avvicinare ulteriormente le energie imprenditoriali del sud al continente africano e al vicino Medio oriente. Il Sud non ha bisogno di industrie pesanti, come purtroppo si è fatto in passato, ma di un manifatturiero sempre più diffuso e specializzato, di un turismo sostenibile e di un'economia blu che sappia cogliere le straordinarie opportunità offerte da migliaia di chilometri di costa.
Ministro Musumeci, ma se è così vitale per il nostro paese, perché l’economia del mare non ha mai ricevuto la doverosa attenzione da parte della politica?
Il mare non è mai stato al centro dell’agenda di tutti i governi dal dopoguerra. L’esempio più eloquente è offerto dalla soppressione del ministero della marina mercantile. E il segnale di cambio di marcia da parte di questo governo è invece rappresentato dall'istituzione di un ministero per le politiche del mare. L’Economia blu è cresciuta negli ultimi anni ma c'è ancora tanto da fare.
Penso alla carenza di posti barca, penso ad una migliore interconnessione tra costa e zone interne, alla sburocratizzazione dei processi amministrativi, alle misure penalizzanti dell’Ue, alla concorrenza dei Paesi asiatici nella cantieristica. Dobbiamo incentivare i figli dei pescatori a non abbandonare la tradizione famigliare, anche perché le risorse certo non mancano. Questo governo sta lavorando alla riforma dei porti, una rete portuale efficiente, moderna, che renderà sempre più competitiva la nostra portualità in un bacino dove la concorrenza si fa sempre più sostenuta.
Su questo punto sono importanti anche le sinergie con altri ministeri, come quello del Made in Italy, per esempio. Una sinergia che sta portando i suoi frutti
Sono ben 11 i ministeri che si occupano di mare, ed è per facilitare una strategia unitaria che ha istituito il Cipom, organo interministeriale che ho l’onore di presiedere. È l’organismo che si occupa dell'attuazione del Piano del mare, strumento di programmazione creato due anni fa e che per la prima volta mette insieme intorno ad un tavolo i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche e delle 8 filiere. In più ci stiamo occupando della dimensione subacquea, anche questo tema rimasto marginale, se non per fini squisitamente militari. Ho presentato un apposito disegno di legge al Cdm, che è già all’esame del parlamento.
Sul tema dell’economia del mare non si può allora non parlare delle grandi opere necessarie, prima tra tutte il Ponte sullo stretto. Lei è favorevole alla realizzazione di questa grande opera?
La regola elementare dell'economia è che un territorio diventa attrattivo se è dotato delle necessarie infrastrutture. Se un Tir carico di merci deve restare bloccato due o tre ore prima di attraversare una distanza tra due coste di appena 3,3 Km, è facile immaginare come l’assenza del collegamento stabile rappresenti una grave diseconomia.
Il collegamento tra Sicilia e Calabria non è un capriccio, ma il necessario completamento del corridoio europeo che da Berlino deve raggiungere Palermo. Il Ponte si farà, era nel programma elettorale del governo Meloni. Difficile fissare date per gli imprevisti sempre in agguato. Ma una volta realizzato sarà non solo una necessaria infrastruttura ma anche un richiamo evocativo. Il simbolo di un‘isola che si consegna anche fisicamente al continente europeo.
Ma non sarebbe forse necessario prima realizzare anche altre infrastrutture di collegamento sull'Isola come alcuni critici del ponte dicono da tempo?
Polemiche sciocche e pretestuose, alimentate dal partito del “benaltrismo”, perché i fondi per il ponte non sono quelli che servono per altre opere, altrettanto necessarie sull’isola. L’una non esclude l’altra. Polemiche che poi vengono proprio da quelle forze politiche, quelle del centrosinistra, che hanno governato l’Italia per cinquant’anni senza mai dotare l’isola delle infrastrutture essenziali.
Per concludere, ministro, non può mancare una domanda sulla riforma sull’autonomia differenziata. In conclusione, lei è favorevole...?
È l’unica cosa che condivido della sinistra, quando la concepì nel 2001. Non appena ha capito che il governo Meloni intendeva recuperare un loro tema rimasto in silenzio per vent’anni, hanno cambiato idea. L’autonomia differenziata, naturalmente su temi specifici e con il necessario equilibrio che lo Stato deve sapere garantire, premia la responsabilità. Lega la classe dirigente locale al territorio ed economizza i costi.
Insomma, deve essere intesa non come un privilegio, ma come una opportunità. E se una regione delegata dimostra negli anni di non sapere cogliere tale opportunità, lo Stato ha il diritto-dovere dí revocare la delega. Più chiaro di così!