Palazzi & potere
Pd, Renzi teme Pisapia: stavolta Prodi e Letta fanno paura

Ora Renzi teme Pisapia e Prodi. Incubo per il Pd sotto il 25%. I rischi dell'inciucio con Berlusconi
Ci sono più fronti che impensieriscono Matteo Renzi in queste fasi: uno è il movimentismo di Romano Prodi con dietro il suo codazzo di poteri forti (veri e non presunti). In particolare nel giglio magico renziano si comincia a pensare ad un Pd che alle prossime politiche possa scendere sotto il livello del 25% di consenso elettorale, tanto più se alcuni big lasciassero il partito di Renzi, ormai divenuto un partito personale aperto all'alleanza con Berlusconi, a favore del nuovo centro-sinistra di Pisapia.
Ci sono poi i molti malpancisti interni al Nazareno. Questo perché sono in aumento coloro che vedono, non senza timori, come Matteo Renzi si disponga a compiere atti all'insegna della concentrazione del potere, dalla composizione delle liste ad ogni altra mossa politico-elettorale. Nonostante si proceda di gran carriera verso l'approvazione alla Camera della nuova legge elettorale, il quadro non appare rassicurante per gli strateghi della fine anticipata della legislatura.
Renzi è spaventato dalle ripercussioni derivanti da un possibile inciucio con Berlusconi sia in termini di consenso elettorale, che potrebbe vedere ridotto il peso politico del partito alle prossime elezioni (e quindi non poter più dare le carte e ricevere l'incarico da Mattarella), sia perché potrebbero presto esserci fughe di esponenti di primissimo piano, a cominciare dallo stesso Prodi, verso Pisapia. L'arma del voto utile è spuntata giacché, agli occhi dell'elettorato diffidente nei riguardi di un futuro accordo con Berlusconi, il voto utile è quello sottratto al Pd renziano (e spostato sull'ex Sindaco di Milano).
I problemi si complicano, invece di risolversi. Senza contare che ora il leader toscano teme imboscate parlamentari. Sono molte le pressioni per aggirare l'ipotesi del voto a settembre e lui, come al solito, e a maggior ragione in questa fase, non si fida più di nessuno. E men che meno, dentro il Pd, si fidano di lui. In queste condizioni c'è il rischio di una frattura con la pubblica opinione, tale da incidere pesantemente, secondo alcuni sondaggi riservati, sul responso delle urne.