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Economia
Opa Atlantia, i Benetton voltano pagina: trionfo del capitalismo all'italiana
Benetton Alessandro e Luciano

Opa su Atlantia: Benetton e Blackstone delisteranno l'azienda a costo zero, grazie ai soldi di Autostrade 

Inutile girarci attorno: l’opa su Atlantia lanciata da Edizione e Blackstone incorona come unici vincitori della vicenda quei Benetton che fino a pochi mesi fa venivano guardati con sospetto dalla comunità finanziaria. Le istituzioni, nel frattempo, hanno dovuto ammorbidire le loro posizioni rispetto a quando, nel 2019, l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio annunciava spavaldo che si sarebbe andati avanti con la revoca delle concessioni di Aspi dopo la tragedia del Ponte Morandi.

Nel frattempo si è passati da una gogna pubblica – per il crollo di un’infrastruttura che ha portato alla morte di 43 persone - al pagamento di 7,9 miliardi per rilevare Autostrade per l’Italia e conferirle alla cordata formata da Cdp, Blackstone e Macquarie.

La famiglia Benetton, nel frattempo, ha cercato in ogni modo di defilarsi dalla vita pubblica, anche quando è stata letteralmente tirata per la “giacchetta”: come nel caso di Generali, partita in cui è probabile che appoggerà la lista Caltagirone. Ma una dichiarazione ufficiale, in tal senso, proprio non c’è.

Dunque, i Benetton e Blackstone si troveranno al timone di Atlantia, che verrà rapidamente delistata, salvo sorprese incredibili dell’ultima ora. E la famiglia trevigiana – come fanno notare oggi sul Fatto Quotidiano – lo farà praticamente a costo zero, grazie ai soldi ricevuti per Autostrade per l’Italia.

Ma c’è di più. Atlantia è il titolare del 51% di Telepass, l’azienda di pagamento automatico dei caselli autostradali che ha annunciato nelle scorse settimane aumenti a pioggia per l’erogazione del servizio. Vero che le tariffe erano ferme da 20 anni, ma il tempismo è francamente singolare. Tra l’altro, il 14 aprile dell’anno scorso proprio Atlantia aveva venduto il 49% di Telepass al fondo svizzero Partners Group. Per un controvalore di 1,05 miliardi di euro.

Da notare, inoltre, il ruolo ancillare delle istituzioni nella vicenda di Atlantia. Si è ventilato l’impiego della golden power nel caso in cui Florentino Perez (che detiene il 49% di Abertis) avesse deciso di procedere con un’opa – anche ostile – sulla holding italiana tramite la sua Acs (che di Abertis ha il 30%). Ma è un intervento doppiamente improvvido.

Prima di tutto, perché ci riempiamo la bocca di Europa unita e unitaria e poi ci spaventiamo perché l’Aeroporto di Fiumicino potrebbe essere controllato da una società spagnola quando abbiamo affidato alla Francia buona parte del nostro lusso, dell’automotive e perfino la Borsa stessa. Ci siamo affidati mani e piedi a Parigi – che ci ha sbertucciato in più di un’occasione, a partire da cantieri Saint Lazare – e poi ci spaventiamo di fronte agli spagnoli? E perché nessuno ha alzato un ditino quando Crédit Agricole ha, giustamente e legittimamente, rilevato oltre il 9% di Banco Bpm?

In secondo luogo perché il primo azionista di Abertis – che è presente in Spagna, Francia, Portogallo, Cile e Brasile – è proprio Atlantia, che detiene il 50% +1 della compagnia. Dunque non si capisce perché si sarebbe dovuto lanciare un allarme così cogente.

Ora si conclude una partita giocata in maniera rapida e indolore. Rimane la curiosità – puramente teorica – di che cosa sarebbe successo all’intera vicenda se al posto di Mario Draghi ci fosse stato ancora Giuseppe Conte.

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