Esteri

Guerra, 29 chef ucraini trasformano ristoranti stellati in rifugi e mense

Guerra Russia Ucraina, 29 chef stellati lanciano il "Manifesto della Cucina Ucraina"

Guerra Russia Ucraina: ristoranti stellati trasformati in rifugi e mense. La resistenza di 29 chef ucraini

Un “Manifesto della Cucina Ucraina”. È stato sottoscritto lo scorso 7 febbraio da 29 tra i più importanti chef del Paese del presidente Zalensky, l’Ucraina dal 24 dello stesso mese costretta a difendersi dall'invasione russa. Alla guerra dichiarata da Putin mancavano ancora poco più di due settimane. Una mossa, quella del “Manifesto”, ispirata alla preveggenza di Maryana Oleskiv, direttrice del Dart, l’Agenzia statale per lo sviluppo turistico, che ha promosso l’appello: “Vogliamo che la cucina ucraina appaia sulla mappa culinaria del mondo. Pertanto, in questa fase è importante unire l’ambiente degli chef ucraini, svilupparlo e promuoverlo insieme”, si legge in un inedito servizio che appare sul Gambero Rosso.

Ma a catalizzare l’attenzione è stato soprattutto Ievgen Klopotenko, un giovane chef ucraino trentaseienne, comproprietario del ristorante “100 rokiv tomu vpered”, autore di libri di cucina e attivista sociale. Ora si legge: “A distanza di un mese, i 29 chef hanno chiuso i propri ristoranti, trasformandoli in rifugi e mense per tutti i civili, inclusi anche i volontari che si stanno aggregando all’esercito”.

Manifesto della Cucina Ucraina, i 10 punti

Quanto al “Manifesto” sottoscritto dai 29 chef, è suddiviso in dieci punti, in testa ai quali c’è scritto: “Definiamo la cucina ucraina come una parte indivisibile dell’identità nazionale, una componente della cultura e dello stile di vita ucraino” che “si basa su piatti tradizionali, ma non sulla modernità”, si legge al punto numero uno, perché “siamo una nuova generazione di chef ucraini e abbiamo qualcosa da dire”.

Gli chef si esprimono attraverso “i prodotti locali, che sono infusi nella caratteristica terra nera di Chernozem, prodotti di qualità, rispettosi dell’ambiente e dell’ecologia” per questo “usiamo prodotti ucraini e sulla loro base creiamo piatti sia a livello di fine dining, sia di comfort e street food”, si può leggere al punto due. Per questo motivo “sosteniamo l’artigianato e le fattorie private, che si pongono l’obiettivo di coltivare prodotti biologici e rispettosi dell’ambiente” e perciò, anche, “siamo solidali con i valori di tutti gli ucraini, ma siamo determinati a creare un nuovo, unico percorso gastronomico ucraino”, quindi “crediamo che l’Ucraina abbia bisogno di raccontare la sua storia non comune al mondo della gastronomia, a partire dalla lotta per la libertà e l’indipendenza, l’autodenuncia e il ritorno alle fonti storiche, dalla storia dell’integrazione dei sapori, l’identità di ogni regione e la loro sinergia”, recitano alcuni passaggi dei punti 3, 4 e 5.

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