Politica

Alemanno: "Salvini e Berlusconi escano dalla maggioranza di governo"

Intervista a Gianni Alemanno. "Draghi? Premier non eletto dai cittadini ma imposto da giochi di palazzo"

Gianni Alemanno ad Affaritaliani.it: "Se le divergenze su una guerra non valgono la crisi di governo, cosa altro deve accadere?"


Domani Gianni Alemanno interverrà al Convegno “Fermare la guerra. L’Italia protagonista per la pace in Europa” organizzato alle ore 15 a Palazzo Wedekind a piazza Colonna. Il parterre è molto nutrito e significativo: oltre all’ex sindaco di Roma, si va da una figura storica del giornalismo di destra come Massimo Magliaro, già portavoce di Almirante, a Franco Cardini, professore e importante storico di destra, dal Generale Bertolini, già comandante della Folgore e del Comando Operativo Interforze, a Luciano Barra Caracciolo, presidente di sezione del Consiglio di Stato e sottosegretario del primo Governo Conte, da Toni Capuozzo, famoso giornalista contro corrente, a Francesco Borgonovo, vice direttore de La Verità.

On. Alemanno perché questo convegno?

Innanzitutto per ribellarci a un opprimente mainstream che presenta la guerra in Ucraina solo come il frutto della “pazzia” di Putin e che quindi non indica nessuna via d’uscita al conflitto, se non un’improbabile vittoria dell’Ucraina con “l’umiliazione” di Putin. Anche i promotori di questo convegno pensano che l’invasione dell’Ucraina sia un fatto grave da condannare, ma ritengono che l’unica strada per ottenere il cessate il fuoco sia quella di affrontare le cause profonde che hanno generato questo disastro.

Quali sono queste cause profonde?

L’allargamento della NATO fino ai confini della Russia, il rifiuto di riconoscere alla Crimea il diritto di autodeterminare la propria scelta di riunificarsi con la Russia e, infine, il lungo e sanguinoso conflitto che si è trascinato per otto anni tra il governo ucraino e le popolazioni filo-russe nel Donbass. Sono problemi che si sono progressivamente aggravati dal 2014 fino ad oggi. Tutto questo va riconosciuto non per giustificare Putin, ma per costruire una proposta di pace tanto realistica e credibile da mettere alla strette il Cremlino.

Ma molti commentatori dicono che il Cremlino non vuole trattare e, anzi, che l’invasione dell’Ucraina è solo un primo passo per ricostruire l’impero degli Zar. Come facciamo a saperlo se nessuna seria proposta negoziale è stata mai messa sul tappeto da parte dell’Occidente o dell’Europa?

L’unica cosa che fino ad ora siamo riusciti a proporre è il ritiro unilaterale delle truppe russe dal territorio ucraino, o un cessate il fuoco senza offrire un contemporaneo stop alla fornitura di armi a Zelensky. Dove si è mai visto nella Storia un esercito che sta vincendo una guerra, ritornare improvvisamente sui suoi passi e ritirarsi senza portare a casa nessun risultato? Quindi l’illusione, più o meno esplicita, è quella di riuscire a far vincere la guerra all’Ucraina. Ma, ammesso che sia possibile, a quale prezzo? Quanti anni di guerra, quante forniture di armi e quanta crisi economica provocata dalle sanzioni (che fanno più male all’Europa che alla Russia) dovremo sopportare? Quanti morti e distruzioni sul territorio ucraino? La Russia fino ad ora ha utilizzato solo il 20-25% del proprio potenziale bellico, vogliamo che ricorra alla mobilitazione generale? Nel contempo, non esiste nessuna prova, neppure ipotetica, che ci sia un’intenzione russa di invadere altri paesi europei.

L’Italia ha presentato un proprio piano di pace che è stato respinto dal Cremlino

Già averlo fatto è stata una cosa positiva e ha almeno sottratto l’Italia dall’imbarazzante ruolo di essere uno dei paesi europei più intransigenti nei confronti della Russia. Ma era un piano troppo fumoso e troppo isolato per essere credibile. Oltretutto non è stato mai inviato alle autorità russe che lo hanno solo letto sulla stampa.Ci vuole un piano molto più serio e articolato, proposto contemporaneamente dai tre principali paesi dell’Unione Europea – Francia, Germania e Italia – che sono anche quelli più colpiti economicamente e socialmente dalla guerra. Gli Stati Uniti hanno interessi divergenti dai nostri in questa situazione: mentre noi rischiamo la recessione e la carestia dell’Africa, gli USA si rafforzano economicamente in questa guerra per procura. Per questo il nocciolo duro dell’Europa deve prendere l’iniziativa e l’Italia deve sostenere i tentativi di Francia e Germania di frenare le sanzioni e dialogare. E poi noi Italiani abbiamo anche l’obbligo morale di non lasciar cadere nel vuoto gli appelli di Papa Francesco per la pace.

Come si sta muovendo il centrodestra di fronte a questa guerra? Le posizioni che lei sta esprimendo sembrano più vicine a Salvini e Berlusconi che non alla Meloni.

La Meloni ha in ogni caso il grande merito di essere l’unica opposizione al Governo Draghi, un governo tecnico che rimane il grande problema dell’Italia. Se non ci fosse stato Draghi, un premier non eletto dai cittadini ma imposto da giochi di palazzo, non saremmo stati immobili per tre mesi allineati all’intransigenza di Biden. Quindi Salvini e Berlusconi fanno bene a smarcarsi dalla linea del premier ma, come lo stesso Conte, devono avere il coraggio di trarne le conseguenze e uscire dalla maggioranza di governo. Se le divergenze su una guerra non valgono la crisi di governo, cosa altro deve accadere?  Su questo e su altri temi il centrodestra deve ritrovare un’unità di azione, senza la quale non può vincere le prossime elezioni. Il convegno di domani ha un evidente obiettivo: dare voce alla maggioranza del popolo del centrodestra che, secondo tutti i sondaggi, vuole un’Italia realmente protagonista per la pace in Europa. 

 

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