Smascheriamo il buonismo strisciante: è la forma più becera di razzismo
La politica e la società nell’era della mistificazione e del fraintendimento, dalla Fattoria degli Animali alla sostituzione etnica
Contro il buonismo, la più subdola forma di razzismo
Parlar chiaro in politica è una contraddizione in termini, andare al centro, al cuore del problema è un’impresa titanica se poi alla realtà delle affermazioni si associano i ceselli linguistici dell’interpretazione. Nessuno è esente da questa trasversale mistificazione e nell’esplicitazione dei conflitti degli schieramenti, sempre più simili a tifoserie, ogni forma di aggressione al limite dell’insulto non solo è consentita ma addirittura auspicabile, come fosse un merito smantellare qualsiasi ragionamento dell’avversario sulla base di convinzioni personali, parziali.
L’avvento dell’Era Meloniana ha scatenato un’aggressività ed un livore senza precedenti, e in tutti i pollai talkisti l’eccitazione accaldata dei duri e puri è esplosa causando comunque pochi danni in termini di consensi, mancando sistematicamente di argomentazioni realistiche almeno sul fronte della nostra drammatica quotidianità.
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L’argomentazione retorica declina le parole estreme, definitive come “il fascismo”, il nazismo, la festa del 25 aprile, il suprematismo, l’universo del sesso, della famiglia tradizionale o light, il razzismo strisciante, nell’antica e immarcescibile schiavitù del politicamente corretto.
Nessuno naturalmente ha il coraggio di affermare che “spazzino e operatore ecologico” siano la stessa cosa e che l’offesa forse risiede nella mente ammorbata e semplicistica di quanti sono esenti da pensiero critico, incapaci di entrare nella sostanza del lemma, della professione, dell’etnia, in perfetta assenza di originalità.
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