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Economia
Ex Ilva, sciopero di 24 ore a Taranto: faccia a faccia tra l'ad e lavoratori
Sciopero Ex-Ilva di Taranto

Ilva Taranto, lavoratori in sciopero all'indomani della sentenza europea sulle emissioni

C'è troppo silenzio intorno alla più grande acciaieria d'Italia: di questo ne sono convinte le sigle sindacali Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb che chiedono al governo di “avviare un tavolo permanente al Ministero dello Sviluppo Economico”, perchè “non è più pensabile che si discuta di transazione ecologica, decarbonizzazione, impianti ad idrogeno a lungo termine, senza affrontare nel merito le tante criticità che riguardano il presente della fabbrica e di come dovrebbe essere gestita tale fase, evitando che continuano a pagare sempre i lavoratori”.

Alle sette di questa mattina è scattato a Taranto lo sciopero di 24 ore che coinvolge i dipendenti di Acciaierie d'Italia, ex Ilva, gestore del sito siderurgico, di Ilva in amministrazione straordinaria, società proprietaria degli impianti, e delle aziende dell'appalto e indotto.

Una serie di presidi sono stati organizzati davanti agli ingressi del siderurgico dai lavoratori, cassintegrati e delegati sindacali di Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb, le quattro sigle che hanno indetto la protesta. Sit-in attuati prima davanti alle singole portinerie per poi muoversi in direzione della portineria C, la più  grande dello stabilimento, da cui transitano merci e mezzi, e che fu teatro tempo fa della protesta dei trasportatori e degli imprenditori dell'appalto quando rivendicarono ad ArcelorMittal, Acciaierie d'Italia non esisteva ancora, il pagamento delle fatture scadute relative a lavori fatti.

"Siamo qui per far sentire la nostra voce", ha detto il segretario generale aggiunto della Fim Cisl Taranto Brindisi, Biagio Prisciano. ''I motivi dello sciopero sono quelli di lanciare un forte segnale al governo che continua a essere latitante, che non parla né di Taranto, né dei lavoratori e né della città. Si continua con cassa integrazione straordinaria, in maniera unilaterale tra l'altro: veniamo da un mancato accordo'', ha rimarcato Prisciano.

''Nonostante in Italia ci sia una fortissima richiesta di acciaio, qui invece a Taranto, purtroppo, registriamo non solo la condizione del mancato lavoro ma anche e soprattutto della salute e dell'ambiente. Il nostro appello è al governo, che finalmente si faccia sentire che finalmente prenda veramente in mano la situazione delle Acciaierie d'Italia, compresi ovviamente i lavoratori in amministrazione straordinaria e tutto l'appalto e l'indotto perché così avanti non si può andare più. Sfido chiunque a 'tirare' il mese con 900 euro di cassa integrazione. Noi vogliamo vivere di lavoro  ha concluso - un lavoro pulito e che soprattutto non deve nuocere alla salute né di ciò che lavorano all'interno nè di coloro che sono all'esterno''.

LEGGI ANCHE: Ilva, la Corte Ue condanna l'Italia: "Persiste il pericolo per la salute"

A scaldare gli animi anche la decisione da parte dell'amministratore delegato di Acciaierie d'Italia, Lucia Morselli, che si è presentata questa mattina al presidio di protesta dei sindacati metalmeccanici davanti ad una delle portinerie dell'ex Ilva di Taranto (la portineria A).

l'Ad Morselli faccia a faccia con i lavoratori in protesta1/ L'amministratore delegato Morselli faccia a faccia con i lavoratori in protesta
 

Secondo fonti sindacali, il numero uno dell'ex Ilva Morselli sarebbe stata fortemente contestata dagli operai e dai delegati di fabbrica. "La sua presenza tra i lavoratori è un gesto di sfida", hanno detto all'Agi le stesse fonti sindacali. Le sigle metalmeccaniche imputano infatti proprio alla gestione del Ceo Morselli lo stato nel quale versa la fabbrica dell'acciaio.

l'Ad Morselli faccia a faccia con i lavoratori in protesta2/ L'amministratore delegato Morselli faccia a faccia con i lavoratori in protesta
 

Lo sciopero odierno arriva all'indomani della sentenza della Corte europea dei diritti umani che nella giornata di ieri ha pronunciato quattro nuove condanne nei confronti dello Stato italiano a causa delle emissioni dell'Ilva responsabili di mettere a rischio la salute dei cittadini. Le condanne riguardano i ricorsi presentati, tra il 2016 e il 2019, da alcuni dipendenti dell'impianto siderurgico e da oltre 200 abitanti di Taranto e di alcuni Comuni vicini.

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