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Politica
Salario minimo, Bombardieri (Uil): "Attenzione a non indebolire i contratti"
 Pier Paolo Bombardieri

Salario minimo, Bombardieri (Uil): “La proposta di Orlando si può seguire, ma attenzione a mettere in alternativa salari e intese”

L’accordo raggiunto in Europa in merito alla direttiva sui salari minimi ha inevitabilmente acceso il dibattito sul fronte politico, ma anche delle parti sociali. Affaritaliani.it ne ha parlato con il segretario nazionale della Uil, Pier Paolo Bombardieri, che per prima cosa rivendica l’iniziativa: “E’ una proposta che avanzavamo da tempo. Non solo, ma abbiamo costruito questa direttiva insieme alla Confederazione europea dei sindacati. E’ bene ricordare infatti – dice intervistato dal nostro giornale – che in Europa non tutti i Paesi hanno una contrattazione nazionale forte. Il caso della Grecia è lampante: durante la crisi il salario minimo venne definito dalla Troika per un valore di tre euro”.

Segretario, in Italia il nodo è come congegnare il salario minimo perché non vada a detrimento della contrattazione nazionale. Come ci si può riuscire?
E’ semplice: noi dobbiamo utilizzare questo strumento importante per rafforzarla. In che modo? Per noi va indentificato il salario minimo con il valore dei minimi contrattuali dei contratti più significati. Anche perché, se non facciamo attenzione rischiamo di indebolire i contratti e di mettere in alternativa salari e, appunto, accordi. Come è accaduto in Germania e Francia dove l’area dei lavoratori coperti da contratti è diminuita. Siamo pronti a qualsiasi percorso. Diciamo alla politica, però, di fare scelte nette. Serve chiarezza perché quando si dice che al Cnel ci sono 900 contratti la stragrande maggioranza è firmata da sindacati gialli e associazioni datoriali che non sono rappresentativi. Basterebbe semplicemente guardare i dati per vedere a quanti lavoratori poi quei contratti si applicano.

Punto di partenza è una legge sulla rappresentanza?
No, il punto di partenza è una scelta da parte della politica che fotografi il quadro. Quanto alla legge sulla rappresentanza vorrei chiarire un aspetto.

Quale?
Noi non solo non abbiamo paura, ma abbiamo votato per le elezioni del pubblico impiego appena tre settimane fa. Più dell’85 per cento degli aventi diritto ha votato, ecco forse la politica dovrebbe interrogarsi. I numeri della rappresentanza sul territorio sono chiari, noi ci misuriamo. Di contro, nessuno ha mai risposto a questa domanda: come si misura la rappresentatività delle associazioni datoriali?  

Tornando al salario minimo, la proposta Orlando di agganciarlo ai parametri dei contratti maggiormente rappresentativi, dunque, la trova d’accordo?
Per noi è una strada che si può seguire proprio perché identifica i contratti maggiormente significativi e soprattutto i valori economici compatibili non solo con il salario minimo, ma anche con un insieme di diritti e tutele che vengono garantiti a lavoratrici e lavoratori.

Il disegno di legge Catalfo, invece?
Può essere una base di partenza se non si trova un accordo sui parametri dei contratti maggiormente rappresentativi. La proposta Orlando comunque permette di tutelare di più e meglio i lavoratori perché se si puntasse alla quantità numerica dei salari minimi senza un riferimento contrattuale ai diritti rischieremmo di tornare indietro e non di fare passi avanti.  

Non ha poco senso questo dibattitto sul salario minimo in Italia visto che c’è una sacca di lavoro davvero precario e senza tutele che non ne gioverebbe?
Sono d’accordo. Nel senso che il salario minimo aiuta la contrattazione. Poi però noi dobbiamo affrontare due grandi temi: la precarietà e i problemi che derivano dall’ inflazione e dai costi dell’energia.

Qual è l’asticella da fissare rispetto al salario medio e mediano?
Noi abbiamo, nei contratti che sottoscriviamo per esempio con Confindustria, un valore superiore ai 9 euro l’ora. Attenzione, però, a discutere soltanto di valore economico per legge.

Si spieghi.
L’identificazione solo del valore economico per legge potrebbe mettere a rischio i diritti già riconosciuti dai contratti. Non a caso, la direttiva ha come obiettivo quello di rafforzare questi ultimi.

Parliamo dei salari in generale. C’è un tema importante da affrontare a cui lei faceva cenno: come salvarli dall’inflazione senza innescare una spirale con i prezzi?
La risposta è secca: dobbiamo rinnovare i contratti - abbiamo otto milioni di lavoratori che hanno il contratto scaduto - e intervenire sul cuneo fiscale, riducendo il lordo della busta paga. Vorrei ricordare a questo proposito che lo chiedemmo in piazza il 16 dicembre scorso, ma il Governo scelse un’altra strada.

Il presidente Bonomi sostiene che il tema del salario minimo non riguarda Confindustria, che ha contratti con soglie superiori ai nove euro. Orlando replica che ci sono ancora accordi non rinnovati, soprattutto nei servizi, sotto questa soglia. Chi ha ragione?
Entrambe le affermazioni sono vere. La stragrande maggioranza dei contratti, come detto, sono stati rinnovati con livelli superiori ai nove euro. Ma ci sono intese, anche non di Confindustria, che sono sotto la soglia.

Il numero uno di Confindustria lamenta un’assenza di dialogo. Il metodo della Sala verde va rivitalizzato?
Non ci siamo mai sottratti al confronto e anzi auspichiamo che riprenda. Vorremo però che si discutesse di contenuti e quindi di lavoro, cuneo fiscale e pensioni. Siamo poco affezionati a dibattere di metodi, molto più al confronto di merito. Eravamo d’accordo con il presidente Draghi che ci saremmo riaggiornati dopo i suoi impegni europei, ci aspettiamo che ora su questi temi il dialogo continui.

 

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