L’Fmi abbatte le stime di crescita per l’Italia: +2,5%. Bocciato il RdC
Per il Fondo Monetario Internazionale il picco dell’inflazione sarà quest’anno con una media del 5,5%
Fmi, l’Italia frena: pil a +2,5% nel 2022
Bastone e carota. Il Fondo Monetario Internazionale loda l’Italia per “l’impressionante ripresa dallo choc pandemico”, ma poi la gela: la crescita dovrebbe rallentare al 2,5% nel 2022 e all’1,75% nel 2023. Le cattive notizie non sono però finite qua: l’inflazione, che durerà per tutto il 2022, dovrebbe attestarsi al 5,5%. Nel medio termine, infine, il Fmi prevede che “la crescita si stabilizzerà a poco più dell'1% grazie alla continua spesa relativa al Pnrr e ad una certa moderazione dei prezzi delle materie prime".
Fmi: il Rdc in certi casi più alto costo vita
L'Italia deve "continuare a migliorare la definizione delle politiche per ridurre i rischi di scostamenti di bilancio e sostenere la riduzione del debito". Così il Fmi nel rapporto periodo sull'Italia. Nel caso del Reddito di cittadinanza "il recente rafforzamento dei requisiti di accettazione del lavoro e dei collegamenti sono un passo positivo, ma per evitare che disincentivi al lavoro, l'uscita da queste prestazioni in risposta al reddito da lavoro dovrebbe essere graduale, mentre il livello delle prestazioni è elevato rispetto al costo della vita in alcune parti del paese", si spiega nel testo.
Quanto al superbonus al 110% rafforzare i controlli esistenti "limiterebbe i rischi di superamento delle spese che potrebbero verificarsi a causa della domanda molto elevata", afferma il fondo. Invece sulla tassa sugli extra profitti "per evitare distorsioni involontarie, l'imposta sugli utili inattesi delle società energetiche dovrebbe basarsi sull'intera gamma di elementi che determinano i loro profitti".
L’economia italiana è resiliente
"Dopo l'impressionante ripresa dallo shock pandemico, l'economia italiana si trova ora ad affrontare i venti contrari della guerra in Ucraina e dell'aumento dell'inflazione" e "nonostante i segnali di resilienza, la crescita dovrebbe rallentare, con rischi al ribasso” aggiunge il Fmi nel suo bollettino. Ora servirebbe "un aggiustamento basato sulla spesa potrebbe portare a un miglioramento significativo ma graduale del saldo di bilancio e del debito pubblico".
Il Fondo segnala che "le banche hanno resistito bene alla crisi pandemica", ma per loro serve ancora "un approccio cauto" per quanto riguarda il capitale. "La realizzazione degli investimenti e delle riforme del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza può sostenere la produttività e la crescita potenziale e accelerare la transizione verde", si sottolinea nel documento.
Giustificata una risposta fiscale più contenuta rispetto al Covid
In Italia "è giustificata una risposta fiscale più contenuta allo shock energetico che alla pandemia" sottolinea il Fmi. "Negli ultimi anni, le famiglie e le imprese sono state sostenute durante la pandemia, la rete di sicurezza sociale è stata rafforzata con un assegno universale e è stata prevista una compensazione per l'aumento delle bollette energetiche", si rileva nel documento. Pur rispettando l'obiettivo di deficit deficit previsto per il 2022, è stato fornito un sostanziale sostegno fiscale aggiuntivo all'economia attraverso il Superbonus e altre crediti d'imposta, ricorda il Fondo, tra le varie misure.
Italia più colpita per maggiore dipendenza energetica dalla Russia
"La guerra in Ucraina e le problematiche sulle catene di approvvigionamento globali legate al Covid hanno spinto al rialzo i prezzi dell'energia e intensificato la carenza di prodotti chiave" ma oggi, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e il varo delle sanzioni contro Mosca "l'Italia potrebbe essere relativamente più colpita" di altri partner "per la sua elevata dipendenza dall'energia importata dalla Russia" conclude il Fmi nel rapporto periodico sul nostro paese in cui indica fra le ragioni del "rallentamento" dell'economia italiana quest'anno e il prossimo "la graduale eliminazione delle importazioni di energia dalla Russia".
Il Fondo "prevede che l'aumento dei prezzi dell'energia e dei generi alimentari eroderà i redditi reali delle famiglie, con un impatto negativo sui consumi nonostante la parziale compensazione fiscale per le bollette energetiche più costose e i consistenti risparmi accumulati durante la pandemia". Fra gli altri elementi di attenzione "l'aumento dei tassi di interesse e lo shock negativo sulla fiducia" che -osserva l'Fmi - "dovrebbero frenare gli investimenti privati".
Il debito è ancora troppo alto
In Italia "nel contesto di un debito pubblico elevato, dell'aumento dei costi di rifinanziamento e dell'apparente resilienza della domanda e della produzione allo shock energetico, dovrebbero essere risparmiare le entrate impreviste aggiuntive" prosegue il Fmi. In Italia è necessaria "una strategia credibile su due fronti per ridurre significativamente, seppur gradualmente" il deficit e il debito pubblico. Così il Fondo monetario internazionale (Fmi) nel rapporto periodico sull'Italia. "Per aumentare la produttività e la crescita del pil sono necessarie riforme strutturali globali, compreso un ampliamento a gettito invariato della base imponibile per rendere il sistema fiscale più equo", si legge nel testo.
Inoltre, la revisione della spesa e un ulteriore miglioramento della compliance fiscale "consentirebbero di conseguire un aggiustamento fiscale opportunamente calibrato, che dovrebbe iniziare già nel 2023 nello scenario di base e potrebbe fornire un avanzo primario del 2 per cento del pil entro il 2030", si legge.
"Una revisione completa del bilancio per trovare risparmi significativi derivanti dai programmi fiscali e di spesa esistenti dovrebbero essere alla base della strategia", insiste il Fondo. Sul lungo termine, afferma ancora il Fmi, il mantenimento di questo contenimento della spesa e un avanzo primario al 2% creerebbero spazi per investimenti prioritari (clima, energia, l'educazione, la digitalizzazione, l'innovazione) anche dopo aver gestito il rialzo della spesa pensionistica. Il tutto tagliando "il debito pubblico a circa il 135 per cento del pil entro il 2030".
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