Sfida tra Terranova e Bajani: la recensione de “L’avversario” - Affaritaliani.it

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Sfida tra Terranova e Bajani: la recensione de “L’avversario”

Stasera la proclamazione del vincitore del Premio Strega 2025. Favoriti Terranova e Bajani. Ecco la recensione del romanzo già vincitore del Premio Strega Giovani 2025

di Chiara Giacobelli

Manca poco all’ora in cui sapremo chi sarà il vincitore della LXXIX edizione del Premio Strega: la serata conclusiva si svolgerà il 3 luglio presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. In gara Andrea Bajani con L’anniversario (Feltrinelli), Nadia Terranova con Quello che so di te (Guanda), Elisabetta Rasy con Perduto è questo mare (Rizzoli), Paolo Nori con Chiudo la porta e urlo (Mondadori) e Michele Ruol con Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa).
Il conduttore dell’evento conclusivo sarà Pino Strabioli e verrà trasmesso in diretta televisiva da Rai 3 dalle ore 22:50. Filippo Timi, accompagnato dai musicisti Rodrigo D’Erasmo e Roberto Angelini, leggerà alcuni brani tratti dai libri, con ospite della serata Anna Foglietta. Nel corso dell’evento di premiazione sarà intervistata anche Anna Foa, recente vincitrice della prima edizione del Premio Strega Saggistica con Il suicidio di Israele (Laterza).

 
 

Cogliamo allora l’occasione di questa attesa per recensire il romanzo che ha già vinto il Premio Strega Giovani 2025 ed è peraltro uno dei favoriti della competizione, insieme a Nadia Terranova: Andrea Bajani con L’Avversario edito da Feltrinelli. Nel magma incandescente della narrativa italiana contemporanea, questo è un libro che si staglia come un monolito silenzioso e inquieto, capace di spaccare con una calma gelida il più sacro dei dogmi: l’inviolabilità del vincolo parentale. Inserito con pieno merito nella cinquina finalista del Premio Strega 2025, questo romanzo si impone non solo per la qualità della scrittura, ma per l’urgenza della sua materia. Come osserva Emanuele Trevi nella motivazione alla candidatura: «Una storia eccezionale, che infrange un vero e proprio tabù […]. Bajani non sente il bisogno né di condannare, né di perdonare, e ci racconta quanto sia impervia e necessaria la via del riscatto».

A quattro anni da Il libro delle case, l’autore romano torna con un’opera che segna una nuova fase del suo percorso, confermando il definitivo superamento dell’io narrante “mediato” in favore di una voce esposta, frontale, asciutta. Bajani stesso ha raccontato nel sito della casa editrice il proprio cambiamento di metodo: «Otto anni fa mi sono rassegnato ad assecondare solo una spinta interiore inarginabile. Se non bastava a farmi alzare alle quattro del mattino per scrivere, il libro non meritava di nascere».


 

È in questa urgenza interiore, nella disciplina che nasce dalla necessità e non dall’obbligo, che si radica la potenza narrativa di L’anniversario. La scrittura, per Bajani, è atto di liberazione personale, processo di esorcismo e, insieme, tentativo di ricomposizione. Il protagonista racconta l’anniversario della propria fuga definitiva: dieci anni prima ha tagliato ogni legame con la famiglia, cambiando continente, numero di telefono, vita. «Sono stati i dieci anni migliori della mia vita», afferma senza tremori.

Il romanzo si muove tra i brandelli di un microcosmo familiare avvelenato da dinamiche asfissianti. Il padre, figura autoritaria e insieme pateticamente fragile, esercita un potere totalizzante fondato sulla minaccia, sulla prevaricazione emotiva, su un amore che si nutre di paura. «Mio padre aveva bisogno di spaventare per sentirsi amato» scrive Bajani, e in questa frase si condensa l’essenza della violenza non dichiarata ma onnipresente che impregna la narrazione.
La madre, figura inizialmente evanescente, è in realtà il centro segreto del romanzo. Silenziosa, servile, annientata eppure centrale, incarna la sottomissione elevata a sistema. È una donna che ha rinunciato a tutto, perfino all’uso della propria voce. «Non ho mai scritto di mia madre. Non ho mai pensato che di lei valesse la pena di parlare» confessa il narratore. Solo la distanza permette di estrarla dall’ombra, di ricostruirla come individuo, di restituirle una forma narrativa che valichi la pietà e si avvicini alla verità.


 

Bajani affida a una prosa chirurgica la dissezione dell’anatomia familiare. Non ci sono orpelli, né abbellimenti. Ogni parola è scelta per incidere, non per decorare. La voce narrante è attraversata da dubbi metanarrativi («ogni ricostruzione che ne posso fare è materia da romanzo») e da consapevolezze letterarie: la scrittura è uno strumento di precisione che cerca nel reale qualcosa di più vero della realtà stessa.
Il narratore, come un cartografo delle zone d’ombra, mappa gli spazi interiori e familiari evitando i paesaggi esteriori. L’ambientazione – da Roma a un anonimo paesino del Nord – diventa simbolica, esprimendo l’isolamento crescente in cui precipita la madre e, con lei, il nucleo familiare. Il telefono, unico squarcio verso l’esterno, è tollerato appena. L’amica di lei, potenziale àncora di salvezza, viene bandita. È un mondo che implode, una casa-prigione, una gabbia “normale” come tante.

Nel piccolo pantheon domestico si muove anche la sorella, personaggio solo accennato ma fortemente evocativo. A differenza del protagonista, è lei la prima a ribellarsi apertamente, ad affrontare lo scontro. Ma anch’ella resta imbrigliata nei ruoli imposti, nella ripetizione ciclica degli schemi: vittima, mediatore, carnefice.
Il padre è colui che impone e recita. È la vittima di se stesso, convinto di essere frainteso, e quando agisce con violenza, pretende il perdono per riconquistare la centralità. La madre, pur senza paura, si assoggetta a questi rituali con una determinazione che appare, a tratti, altrettanto inquietante della brutalità coniugale.

L’anniversario ha conquistato il Premio Strega Giovani 2025 con 97 voti su 595, espressi da studenti delle scuole superiori italiane ed estere. Un risultato che testimonia come la materia scottante del romanzo – la disfunzionalità familiare, la manipolazione, il diritto alla fuga – sia riconoscibile e condivisa anche dalle nuove generazioni.
Donatella Di Pietrantonio ha scritto che Bajani “piazza nel racconto della famiglia un ordigno che non lascia scampo”, mentre Helena Janeczek ha elogiato la sua “scrittura limpidissima, libera, che riscatta il costo di salvarsi da soli”. Secondo Jhumpa Lahiri si tratta di “un libro che si confronta come nessun altro con la purezza dei fatti e la tirannia della memoria”.
Serena Dandini, nella sua recensione per Io Donna, lo descrive come “un’accurata autopsia letteraria” e specifica: «Con apparente tranquillità – “una calma scandalosa” la definisce Carrère –, il protagonista confessa che quei dieci anni sono stati i migliori della sua vita».


 

Bajani, intervistato da Affaritaliani.it, ha sottolineato il valore civile del libro: «Il 2025 è un anno molto cupo […]. In questo contesto lo Strega assume ai miei occhi una dimensione di resistenza. Portare i libri nelle case significa opporre civiltà alla violenza, complessità alla semplificazione».
E sul patriarcato, così risponde: «Esiste una lunga consuetudine – inaccettabile – che prevede la subordinazione della donna all’uomo sulla base di un diritto di genere. […] Il narratore, maschio, compie un gesto chiaro: rifiuta questa eredità».

L’anniversario non è solo un racconto di strappi. È un libro che dimostra come la letteratura, più della realtà, possa rendere leggibile l’indicibile. Bajani ci offre un resoconto spietato ma compassionevole, che si interroga sul senso della libertà e sulla possibilità di riscattarsi senza distruggere. E, soprattutto, ci ricorda che «per mettersi in salvo, da lì niente può essere salvato». Un’opera di forza sobria e ferocia gentile, che ha tutte le carte per lasciare un segno duraturo nella letteratura italiana contemporanea.