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Politica
Guerra, Boldrini (Pd): "Un errore la corsa al riarmo in Italia ed Europa"
Laura Boldrini

Biden-Draghi, Laura Boldrini (Pd): “Spero emerga una convergenza sull’obiettivo di rilanciare un serio negoziato di pace. Il premier in Aula? Nulla da eccepire sul piano formale. Altra cosa, invece, è l’opportunità politica di fronte a un cambio di scenario o alla richiesta di uno o più gruppi parlamentari"

C’è attesa nei Palazzi per l’incontro Draghi-Biden e ansia di conoscere quale piega prenderà il confronto.  Ad auspicare che possa emergere una convergenza sull’obiettivo di “rilanciare un serio negoziato di pace” e, di conseguenza, che su questo “ci sia la disponibilità di Biden” è la deputata del Pd Laura Boldrini. “Perché - spiega l’ex presidente della Camera, intervistata da Affaritaliani - stanziare tante risorse in armamenti chiaramente preoccupa: significa allontanare la prospettiva della pace che, invece, dovrebbe essere il primo obiettivo da perseguire”.

Ha sbagliato il premier Draghi a non riferire in Parlamento prima del suo viaggio?
Non è dovuto che il presidente del Consiglio venga in Aula a riferire prima di un appuntamento anche così importante. Peraltro, sulla crisi noi abbiamo fatto tutti i passaggi parlamentari, dalla risoluzione ai decreti. E abbiamo anche stabilito che ogni tre mesi ci sia una rendicontazione puntuale da parte del Governo, mentre le questioni più tecniche verranno affidate al Copasir, dove sono rappresentati tutti i partiti.  Nulla da eccepire, quindi, sul piano formale. Altra cosa, invece, è l’opportunità politica di riferire nelle Aule, soprattutto se c’è l’eventualità di un cambio di scenario e se un gruppo parlamentare o più di uno sono a richiederlo. Ma questa decisione, in procinto di una visita ufficiale, comunque rientra nelle facoltà del presidente del Consiglio.

Lei, personalmente, avrebbe preferito un passaggio del premier in Parlamento?
Io penso che non faccia mai male un confronto con il Parlamento da parte del Governo per ascoltare il dibattito e recepirne gli indirizzi.

Di fronte alla gestione italiana - e quindi europea- della guerra, che cosa non l’ha convinta fino ad ora?
In queste settimane di guerra abbiamo visto tanta distruzione, morte, atrocità, oltre che deportazioni e stupri. Tutto questo è la fotografia di un disastro. Ecco perché penso che bisogna fare molto di più dal punto di vista diplomatico e politico, mentre credo ci sia ancora troppa attenzione sulla questione delle armi. Capisco che gli ucraini le chiedano, ma noi dovremmo insistere con altrettanta determinazione sulla cessazione delle ostilità. L’Europa deve cercare di mettere sul tavolo il suo peso, coinvolgendo tutti i leader mondiali perché a livello bilaterale un vero negoziato non decollerà mai. In sintesi, solo una “cordata” di tutti i leader potrà mettere Putin nella condizione di doversi fermare.

Si riferisce alle sanzioni?
Sì, anche alle sanzioni. Bisogna agire in maniera più sinergica su questo fronte. Sono ancora pochi i Paesi che le hanno attuate. Parliamo di una quarantina in tutto, a fronte dei circa 190 della comunità internazionale. E invece è necessario attrarre nella nostra sfera anche chi ancora continua ad avere scambi e rapporti privilegiati con la Russia. Come Unione europea siamo una grande potenza internazionale e quindi dobbiamo esercitare tale peso per il raggiungimento della pace.

Crede che Italia ed Europa siano troppo sottomesse alla Nato? C’è un atlantismo malato, secondo lei?
L’Unione europea dovrebbe investire su politica estera, energetica e difesa comune. Non sono affatto dell’avviso che ogni Stato debba armarsi e investire ciascuno nei propri eserciti. Che poi è quello che sta accadendo oggi e che considero un errore. Bisogna lavorare, invece, su una maggiore integrazione politica europea. Ed è un salto che va fatto oggi. Solo così l’Europa potrà relazionarsi da protagonista con la Nato, che è sicuramente un partner importante e privilegiato. Anche perché c’è un altro aspetto da sottolineare.

Quale?
Noi oggi sappiamo che l’azionista di maggioranza sono gli Stati Uniti. Sono loro a dare la linea, ma gli interessi statunitensi e quelli europei non sempre combaciano. Nel caso della guerra in Ucraina, ad esempio, è giusto dare il nostro sostegno a un Paese aggredito, ma al contempo dobbiamo considerare che non tutti siamo coinvolti allo stesso modo. Gli Usa, è evidente, sono lontani dai contraccolpi diretti della guerra. E non solo da quelli economici. 

La sua posizione sulle armi è nota. Le chiedo però se non ritiene ci sia uno scollamento tra la linea del Governo, che il suo partito appoggia, e il Paese reale.
Nell’opinione pubblica c’è molta preoccupazione rispetto alla guerra perché tra i vari scenari si intravede anche il baratro. Proprio perché Putin ha già dato prova di non avere scrupoli. La società civile ha compreso benissimo che se non si rafforzano l’azione diplomatica e politica il rischio è quello di scivolare verso qualcosa che non si sa davvero dove possa portare. Io mi sono astenuta in Parlamento sull’invio delle armi perché, soprattutto avendo lavorato in passato in diversi contesti di crisi, so bene che le armi non sono mai la soluzione del problema. Ecco perché spero che ci sia da adesso in poi più impegno diplomatico, l’unica strada per porre fine alla guerra.

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